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06

Questo sono e niente altro voglio essere. Questo ricovero virtuale e spirituale vuole essere il deposito dei miei ricordi e di fatti e misfatti. Un modo come un’altro per non far svuotare nel tempo la mia mente.                           Ogni lettera scritta è come sabbia in una clessidra che ad ogni scoccare di tempo, rovesciandola alimenterà  il dimenticatoio dei ricordi e delle emozioni.

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I surrogati sono i temi che prima o poi porterò a termine, miriade di pagine da unire guidato di miei ricordi.
Non sono uomo da spettacolo, anche se di spettacoli me ne intendo.
Non ho parole da spendere, tantomeno scritti.
Scrivo solo per non dimenticare i pezzi della mia vita, ciò che ho subito, ciò che ho dato senza ricevere. Scrivo per diventare più forte e smettere di piangere del mio cuore tenero. Ciò che scrivo è vita reale, acre esperienza, che sa di lacrime salate, versate in silenzio, spesso sonorizzate con gridi di aiuto, come quelli di gabbiani affamati dentro una tempesta

Renè scrittore

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Il pensiero umano… energia allo stato puroAura
 
Il pensiero nella sua forma è energia allo stato puro, gravita intorno agli uomini ed è il filtro attraverso il quale questi vedono la realtà. Spesso la mente condiziona e paralizza il collegamento agli eventi esterni di energia, bloccando lo scambio di intercomunicazione di vitalità permettendo il passaggio solo agli impulsi negativi che attivano patologie inside nel nostro DNA evolvendo queste in malattie o comportamenti anormali della nostra psiche .
Le manifestazioni energetiche hanno vita lunga o breve a secondo dell’energia che siamo capaci di trattenere o di scambiare in continuazione. Tutti ne emettiamo, tutti ne siamo circondati, poche le persone che riescono ad assorbire da altri o dallo stesso universo queste cariche positive di vita, anche se stando vicino ad una persona speciale qualcosa succede anche senza volerlo al nostro umore, al nostro star bene. Si attiva una forma di comunicazione temporale che unisce l’energie fluttuanti, sia uscenti che statiche. Il corpo ne trova subito giovamento venendo invaso da una forma virtuale di benessere e conforto. IL nostro cervello, è il diretto operatore della barriera energetica oscillante all’esterno del nostro corpo. Il pensiero è l’onda modulante di comunicazione tra le due, se qualcosa non è soddisfacente per l’organismo, lo stress che involontariamente ci stiamo procurando va ad incidere sulla nostra psiche facendo perdere al nostro corpo la forza immunitaria, aprendo una breccia al guscio dell’aura, ciò preparerebbe un terreno fertile a piccole e grandi malattie. 
Le forme di pensiero ostili generano negatività, dando malessere e idee ossessive.
Come fare per guarirle e risanarle?
 
Guarigione e gratitudine
 
In quello che chiamiamo “pensiero fisso”, l’energia viene convogliata sul punto di massima concentrazione. Se siamo innamorati o arrabbiati, la mente proietta di continuo l’immagine di chi amiamo o detestiamo. Il nostro corpo reagisce così con l’emozioni che fissano ancor più i nostri pensieri, rinchiudendoci in una realtà creata da noi per noi, nessuno può capire cosa ci gira per la mente. La continua e assillante proiezione dell’immagine di chi amiamo o odiamo blocca l’energia intorno a noi, generando piccole creature energivore. Solo riconoscendo che questa energia bloccata è nostra e non è stata contagiata da parte di nessuno altro essere, possiamo farne quel che vogliamo, veicolandola in modo armonioso ed equilibrato verso altre azioni ed esperienze. Così facendo trasformiamo la negatività in positività, permettendo alla nostra mente di collocare le immagini di chi amiamo o odiamo in evidenza nello schermo allestito nel nostro cervello. Quell’energia s’incollerà a noi, producendo il fantasma del pensiero buono o cattivo che ci condizionerà per sempre.
E’ dunque necessario impedire di proiettare all’esterno emozioni e pensieri che potrebbero scatenare eventi cronici e non più controllabili.  Quell’energia ci appartiene e la sua esistenza unita alla nostra consapevolezza, potrà riscaldare quanto è intorno a noi. 
Cuore di pietraCuore di pietra
 
Arrivasti in quel vecchio villaggio dove il tempo smise di contarsi per aspettare che i terremoti finissero di assestare la terra, nella città dei Giganti. La vegetazione aveva preso il sopravvento su ogni cosa che l’uomo aveva innalzato,  per annientare la civiltà e nasconderla.
 
 Eri stanca e sgomenta, ti guardavi intorno come in cerca di qualcosa. Avevi affrontato un viaggio cosi lungo perché i tuoi sogni ti avevano imposto di farlo per cercare ciò che da tempo desideravi. Il tuo sguardo si posò su l’enorme statua, posta lì davanti al tempio, la rassomiglianza di quel viso con il mio era veramente incredibile. Quel corpo di pietra era stato marmorizzato dai venti caldi prodotti dalle crepe  del vulcano che sovrano decideva cosa sommergere e cosa salvare. I gas che questo sprigionava, erano cosi caldi da riuscire a fondere intere lastre di vetro in pochi secondi. La natura era in tumulto per protestare contro il narcisismo degli uomini, che amavano la loro bellezza più della madre Terra.
 
 Rimanesti lì a fissarmi, non so per quanto, forse più del tempo passato per pietrificare il mio cuore bloccato dagli eventi, aspettando il miracolo: la ri concentrazione dell’energia elettromagnetica che si era dispersa nell’universo tra i sistemi solari. Prima che io pietra diventassi, il profeta Ukmas uomo di culto e sacerdote del tempio mi narrò di te della la tua pura bellezza, come acqua di sorgente fresca e limpida. Lui aveva appeno subito la sua ultima evoluzione, arrivando al settimo livello di interiorità spirituale che fonde la morte alla vita eterna, cosi diventando custode del tempo e della vita di quel luogo. La morte è inevitabile e qualsiasi tentativo di ignorare questo fenomeno ci condanna a una visione superficiale dell’esistenza stessa… mi diceva. Sola la chiara consapevolezza di morire ci porta a vivere senza paura ed a salire di livello nell’evoluzione dello spirito.
 
Molte  notti  stellate  passarono,  prima che la tua consapevolezza riprendesse i sensi davanti alla mia statuaria immagine, poi esausta  cadesti a terra, ed il sonno rigeneratore ti fece rivivere tutti i passi della Bibbia confrontandoli con con il passato della tua vita. Attimo dopo attimo le immagini dei tuoi amori fluttuavano come diapositive rotanti, accompagnate dal sonoro delle voci dei protagonisti, voci lontane e quasi irriconoscibili. Quanti sentimenti, quante esperienze, quanti amori grandi e piccoli scorrevano davanti a te, questo era il penoso bagaglio che le la vita ti aveva permesso di trascinarti dietro, in questo viaggio sognato per anni: esperienze e sofferenza. Ora lì, ai piedi della mia statua dal cuore di granito, cercavi conforto e protezione da un gigante tormentato dai mali degli uomini e pietrificatosi per non sentire più nessun dolore.
 
Tu, la tua bellezza, l’energia dell’universo che prendeva forma e riempiva il tuo corpo, stavate iniziando il prodigio, una nuova trasformazione, la pietra si stava sgretolando lasciando libero il gigante buono. Il cuore con tonfi profondi e lenti stava ripartendo mentre le sue mani in un dolce movimento, molto simile a quello per catturare con molta delicatezza una farfalla, ti innalzavano verso il cielo, chiudendosi a forma di conchiglia, per proteggerti dal mondo e dal dolore.
 
Ora sei pronta per la prossima vita, dove nessuno potrà più può scalfire il tuo cuore, infangare i tuoi sentimenti. Riscaldati con il calore delle mie mani e nutriti della mia energia, quella di un gigante buono.

La rete della mente.ragno e cervello1

Proprio in quell’angolo nascosto, tra razionalità ed irrazionalità, il sarto dell’immaginazione: il cervello tesse la sua tela con fili sottili, appiccicaticci, che si intrecciano dando vita ad una trappola mortale senza uscita: la  depressione. Ti guardi allo specchio e ti vedi appannato, qualcosa dentro si è ammalata, un dolore latente ti assale come quel riflesso ingannevole di finta luce, compagno di quel modo di essere, di agire, di assorbire in se i mali immaginari di alcuni esseri che approfittano della tua depressione per trarne un profitto personale.

Dentro quel calcolatore umano una sorte di pazzia fisica si diffonde e come un virus letale, colpisce anche il cuore, inondandolo di acro fiele mentre tutto diventa irrazionale, incomprensibile. La scissione tra male è amore diventa netta, un derby impari in cui non ci può essere confronto, non ci può essere vittoria ne da una parte e dall’altra, il gioco finisce e tutto rimane sospeso ed intrappolato tra quei fili sottili della rete, compresi i sogni e la vita.

Un quarto di donna…Quarto di donna fine

Nelle mie notto buie, i sogni mi arricchiscono di particolari su scene antiche, vissute dai miei avi e trasmessi a me attraverso il mistero del DNA qui esperienze fatte mie per appartenenza di discendenza, una sorta di eredità biologica. Mi cerco lontano, mentre il sonno si incalza e le lancette calcano le ore che presto porteranno il giorno.
 
Mi sento osservato nel buoi pesto, fuori rumori di gatti che si azzuffano per un mozzico di territorio trafilano dalle finestre ancora infuocate da un agosto torrido. Lontano una civetta chiacchiera da sola, come spesso mi sorprendo io, sentendomi parlare. Le lenzuola sono bagnate di caldo umido. Sono stanco e vacillante «un po’ di pressione impazzita, colpa del tuo sistema nervoso» mi dice il dottore, «hai avuto troppe emozioni in questi ultimi giorni» blatera mentre referta ed io sorrido, pensavo in quell’istante alla pressione come forza dell’aria intrappolata dentro una gomma, che sostiene l’enorme peso di un  mezzo, sembra invisibile, inodore, insapore, eppure può sostenere, deviare con il suo soffio cose, devastare con i suoi cicloni intere città, ecco come mi sentivo in quel momento anche senza essere gonfio d’aria, devastato e depresso.
 
 Riuscivo a sbandare disteso nel letto. Uno di quei periodi neri stava attraversando la mia vita, provato fisicamente e psicologicamente anche se la mia energia non era di certo carente. Più mi sentivo a terra e più avvertivo scariche di adrenalina pura, che si trasformavano in impulsi elettrici, questi percorrevano   il mio corpo in largo e in lungo, per poi fermarsi  tra le maglie del mio orologio, ormai logoro come il mio cervello  assuefatto, confuso e stanco.
 
In quei giorni i miei sogni notturni si addensavano, facendosi spazio in quelle poche ore di morte apparente, proiettandomi in dimensioni a me sconosciute e spesso in situazioni atipiche, dentro le quali mi sentivo sperduto. La visione più recondita era un viso di una donna, che si allocava ovunque, illuminata dalla luce nera di una luna che lasciava trasparire solo le sfumature di un quarto del suo viso. Una donna di un tempo passato. Vedevo draghi e amuleti. Mi aggiravo furtivo, tra mura vecchie di quella fortezza medievale, sentendomi fuori luogo pur avendo la sensazione di riconosce quegli spazzi. Avevo già visto il mercato polveroso di quel feudo, sito sotto la finestre altissime, a forma di arco appuntito del signorotto del luogo, che osservava il mercanteggiare del suo popolo.
 
Su uno di quei carri, dalle ruote enormi modificato da porta fieno a bancarella, tra vettovaglie, pane lonza e carne secca, vidi te in un dipinto.  Opera di un pittore d’oltre tempo. Mi avvicinai al mercante e chiesi cosa volesse barattare per quell’opera, mi chiese in cambio la mia catana di pelle di bue, perché a dir suo l’opera era inedita e di un grande artista, Mi fece notare la sigla MRG che appariva al centro dell’immagine una luna, che stava collassando su se stessa, sfumature di colore davano l’impressione di un andirivieni tra passato e futuro.
Lui l’artista dei miei sogni aveva le mie iniziali e  mi rincorre da tempo nello spazio temporale dei miei sogni nello spazio  lasciandomi in forma diversa un suo dipinto ma lo stesso soggetto in un quarto di Donna.
 
Forse sto impazzendo, forse le mie allucinazione sono diventati incubi. <<Ma chi sei tu che vegli su di me?  Sei forse mia Madre? O vorresti esserlo? Vuoi abbracciarmi per confortarmi o darmi amore? Fallo per favore.  Fai che io possa nascondermi sotto il tuo abbraccio, sotto tuoi baci, qualsiasi essi siano, fammi tuo figlio, o tuo amante. Dentro la tua dolce violenza troverò ancora la firma di quell’artista misterioso, che aveva già visto il futuro della mia pazzia.»
                               I  Vigilantes della vita1i Vigilates
 
E dopo... mi ritrovai a passeggiare tra la natura, l'umidità della notte era entrava dentro le mie ossa bagnandomi l'anima. In quella giornata nebbiosa, dove tutto sembra rivestito di un velo bianco le immaginabili prendono le forme dalla fantasia. Ogni albero una figura, ogni ramo proteso verso il cielo, un braccio, in cerca di sole per rigenerare la sua linfa vitale. Eppure sono morto, perché sogno pur non sentendo il mio respiro e il mio cuore che non batte più. Mi vedo disteso, bianco in viso e pure cammino ancora, sul quel viottolo infinito, nell'infinito immerso, dentro la nebbia dove niente e nessuno indicava la destinazione, tra pozzanghere e fango viscido, cammino perso in me. Senza tempo, senza fretta, senza destinazione. Speravo nel mio intuito e ripetevo a voce alta parole senza senso o con un senso a me non noto. Un corvo bestemmiava nella sua lingua a me comprensibile, mentre disturbato dai miei passi sordi scappava. Più in là una cornacchia non approvare quella mia presenza vagante e cullandosi sulla punta di un albero, echeggiava i sui gracidi nella viscida vallata. Una immensa raduna, un laghetto fermo senza crepe, senza vita, dove le immagine delle nuvole danzano nel loro grigiore tra i riflessi chiaro scuro, e la pioggia nascosta tra di loro si preparava per esplodere. Un attacco di panico sulla mia pelle, la paura filtrava da quella desolazione, qualcosa di freddo saliva alla mia fronte e prendeva il mio cervello. Immagini inventate di fantasmi del mio tempo. Oh Dio, sto all'inferno? Come mai le mie gambe hanno camminato tanto per condurmi qui senza stanchezza apparente? E mentre il lago si avvicinava a me, vedevo qualcosa che soffiava diradando la nebbia. La forma prendeva origine dalle fronde verdi di un albero secolare, come a testimoniare che anche lui vive in quel mondo desolato. Man mano che la nebbia spariva come d'incanto, lasciava intravedere l'enorme corazza di sughero ruvido, ferito e attaccato dal tempo. Sotto di esso ai suoi piedi ramificati, la forza della natura, la bellezza fatta animale, angeli in cavalli terreni. Mi guardavano e sniffavano la mia presenza, emettendo vapore acqueo dalle narici. Ero ipnotizzato, il cuore voleva uscire dalla mia cassa toracica. Sentivo scalpitare e nitrire una saluto tra colleghi, mi sentivo uno di loro, un animal-uomo è meglio che solo uomo in un pianeta si malvagi.  Piccoli nitriti di saluto, di quei angeli vigilantes e custodi del mio passare riempivano l'aria. Forse erano lì ad aspettarmi per illuminare il mio cammino nel buio. Un conforto di forza e purezza. Tante parole scambiate in un afono silenzio di sguardi, mentre quei grandi occhi sotto le lunghe ciglia, mi scrutavano e mi istruivano.
La vita coglie di sorpresa, quando pensi che nulla più c'è di vita dentro te. Quando l'anima si veste di nebbia e il suo splendore e tanto vistoso e luminoso, tutto si sfoga e volge verso l'infinito. Verso le forme dell'incoscienza, verso le paure che prendo il corpo per poi sparire d'incanto, in una sorta di obnubilazione. Dovevo morire per vivere, dovevo vedere la nebbia per poi vedere la Luce.

                                   Spazio e tempo si uniscoIceland_Volcano_by_Karkit

Mentre camminavo a venti centimetri dal suolo, in uno dei miei tanti viaggi nell’ignoto della mia mente, una luce violenta squarciò il cielo, colorando tutto in una scala dal giallo al rosso. Le nuvole sembrano aver preso fuoco mentre il tic tac del mio Tempo si fermava, come tutto il resto. Il silenzio diventava ogni istante sempre più forte, sentivo i battiti del mio cuore come tamburi amplificati da quel nulla. Le frequenze erano così basse da far vibrare la pelle e scuotere le palpebre. Dopo la grande siepe, che costeggiava il mio percorso seguendo i miei passi come fossero suoi, la strada arrivò alla fine, il vuoto inghiottiva il pieno, la terra mancava dentro quell’enorme voragine.
Io continuavo a camminare imperterrito, forte della mia assenza di peso, perso nei miei ricordi, ricordi di mia madre che mi offriva il suo nettare bianco, con il viso sereno e con l’emozione che trafilava dai suoi belli occhi di donna mediterranea.  Leggevo nel suo sguardo le sue riflessioni, vedeva in me l’immortalità del suo spirito, io avrei conservato dentro il mio piccolo corpo il seme dalla sua anima e lei sarebbe vissuta da figlio in madre per generazioni, era felice.
Ero ormai al cospetto della voragine, e più mi avvicinavo a essa, più i ricordi si affievolivano, come i miei dolori, le mie nostalgie, come una anestesia che mi intontiva e mi trasportava ovunque, tanto da non farmi più ricordare di aver lasciato tracce in questa vita o segni del mio passaggio, mentre pezzi di me tonfavano dentro il buco nero, ora carne ora etere, ora nulla in quel sogno, ora sogno nel sogno di una realtà virtuale.

                                                                        

             

                                                                                 Il tempo di rinascereIl tempo di rinascere

Tumultuosi voragini si inabissano tra le fornaci dei vulcani. Angeli pastorali solcano il cielo. Ancora una volta la terra trema mentre scariche di energia si impadroniscono della notte, serpeggiando il quel nero pece.
 
Io rinasco, un rimpasto di carne ed anima, nel ruolo di Re della mia vita. Un Re povero nato tra la fine di un giorno e l'inizio dell'altro. Rinasco con la coscienza di morire, vecchio di vita nel corpo di pargolo. Solo chi mi ama si accorge del mio respiro affannoso già stanco, delle mie virtuali rughe che sboccano la smorfia del sorriso. Quando la solitudine mi sorprende mi abbraccio alla notte cercando l'essenza della vita. Non sento rumori tutto tace, la luce nera veste la mia stanza tra ombre opache del mio passato. Sento freddo... un freddo che non ha corpo, forse vive con me e dentro di me. Non ho paura, non tremo, riconosco quel buio, tanto da modellare in esso i miei sogni.
 Oggi rinasco ed ero appena morto, un lungo filo collega la vita alla mia morte, mano nella mano volteggiano in questa aria viziata di puzze solide, guardandosi a distanza per cercare il momento opportuno per abbracciarsi, di fondersi di nuovo.  Rinasco da solo e non più da carne genitrice; stringo le mani al petto e mi accovaccio prendendo la forma di feto per sentirmi a mio agio come dentro le acque di mia madre. Scorro in me le immagini sbiadite della precedente vita, per ricordare chi ero e perseguitare ciò che voglio essere ora.

 

                                     Espressioni: importanti verità ...Espressioni importanti di vita
 
 Mi hanno chiesto perché parlo e scrivo…… 
   «Perché ho molte cose da dire ho» risposto!         
   «Parlo per raccontarmi e scrivo per ricordarmi di ciò che ho detto. Parlo e scrivo per raccontare di me di te, e del mondo.»
 Mi hanno chiesto perché non parlo d’amore come fanno tutti.
    «Perché l’amore è insito in me, ed è parte fondamentale della mia vita. È il sentimento
Universale che mi permette di amare un tramonto, un passero, una foglia, una donna, sentendo tutto questo parte di me nel mescolare i profumi alle parole, sapori al mio sentire.»
Mihanno chiesto, perché scrivo sempre sull’umanità e sui suoi guai.
   «Perché il mondo scorre nelle mie vene e i miei battiti seguono come un orologio i disastri, la povertà e l’ingiustizia.»
  Mi hanno detto che questi sono argomenti, sono troppo grandi per un singolo essere e minacciosi mi hanno portato via la penna e il calamaio. Non mi sono fermato… ho urlato al vento ciò che dovevo dire, perché esso potesse entrare in ogni casa e in ogni cuore. Allora mi hanno tagliato la lingua e con essa la parola. Ho imparato il linguaggio dei muti per continuare a parlare e proseguire in quella crociata persa in partenza, perché la gente è audiolesa e non sente più il profumo della vita.
Sono ritornati da me, e mi hanno amputato le mani e non farmi più gesticolare e senza di esse più comunicare. Ho pregato tanto il mio Dio di darmi un dono, per potermi esprimere in silenzio, ciò che ho da dire. Lui nella sua immensa misericordia, mi ha regalato quello più grande, l’espressione mentale per divulgare e la luce per parlare attraverso gli occhi, esprimendo sentimenti e parole a chi ha voglia di percepire la fonia dell’Universo. Una sinfonia sorda di pensieri, di sogni, di voli tra i profumi della vita e l’energia della morte.
                                                      Buona Pasqua                 Buona Pasqua
 
E Lui, con la sua immensa bontà guarda il mondo dall'alto, uomini granelli di un sistema, uomini in festa, uomini che forse non ricordano più il perché oggi si festeggia la rinascita di Gesù. 31 Dicembre anno zero, una Cometa nel cielo segnala al mondo l'evento, mentre le stelle si illuminano e tremano per l'emozione, il calore di un Bue ed un Asinello tra aliti gelati... una Capanna... riparo per poveri, lì una donna illibata e un vecchio stanco e curvo, per il troppo tagliare e modellare legni.
LUI nasce e inizia l'era del Cristianesimo, tra preghiera e tormento, tra guerre e persecuzioni, tra cavalieri templari con croci stampate sui mantelli, croci rossi di sangue quello che ha alimentato la terra, le piante. Guerre cristiane, per cerca pace e amore, seminano la morte tra le fila dei nemici, con immense perdite di anime innocenti. Non sembra che sia cambiato nulla da allora, dopo 2015 anni tutto è uguale, cristiani perseguitati, decapitati, crocifissi, vite spezzate per un ideale virtuale. Le guerre di potere nel basso mediterraneo, si nascondono tra i vari culti religiosi, ogni ribelle ha suo Dio per difendere questa presunta religione.
L'ignoranza di questi assassini fa da capo espiatorio ai martiri portati a compimento con le loro stesse mani, senza pensare che il loro indottrinamento ha solo uno scopo conquistare terre con sotto il dio nero: il petrolio. Lui il Dio dei buoni e dei cattivi guarda... guarda le tavole imbandite di rosso, colore delle croci dei templari, guarda lo spreco del cibo dei commensali, che mentre si ingoffano, tra dolciumi e cibi prelibati non pensano più al perché dei loro auguri, alla festa della nascita al dolore del martirio, alla felicità delle rinascita. Molti uomini festeggiano, mentre molti altri muoiono per la stessa festa, mentre Dio è sparito tra nebulose e infinito, assente ingiustificato da duemila e quindici anni e forse più.
                                                        L'entusiasmo appesol'entusiasmo appeso
 
Tra mille sfumature e colori della nostra anima... in una parte nascosta tra l'ipofisi e il cervelletto c'è l'entusiasmo, forza divina che esalta e ci dà la coscienza di essere unico, un dio di eccellenza di arte nella banalità delle nostre giornate. Una sorta di magica forza che entusiasma l'individuo e interi popoli votati alle forze del male o del bene, sembra essere la linea di demarcazione tra la sublimazione e la depressione. Trasporta poeti nei viaggi di scritti di poche righe, scrittori nei racconti delle loro storie che in quella razionalità ci fanno viaggiare nell'artificio mondo dello scritto, riuscendo a emozionarci e rapire la nostra attenzione trasportandoci dal quel momento reale dove siamo poggiati a leggere, nella simulazione cerebrale del racconto.  Il tutto intorno, diventa visione estranea in quel momento, la riunione mentale dei capitoli che scorrono pagina dopo pagina nella nostra fantasia diventano più definiti del vivere reale.
 
Chi scrive ha bisogno di esaltazione, di vitalità, di avere e sentire l'ambiente prima e le persone vicine positive dopo per caricarsi di quell'entusiasmo vitale. Esistono persone negative, esseri che nascondono il loro malessere in un sorriso falso, mascherano questa sofferenza eterogenea per non farsi accorgere che sono portatori sani di spossatezza, attanagliati nella costrizione della vita a loro non consone. Questi esseri ogni giorno hanno bisogno di un antibiotico emozionale per combattere quella controparte   malevole, cercano questa medicina vivida negli entusiasmati, nelle persone speciali dal sorriso solare e dall'energia fluttuante, rubandogli prima l'energia e poi l'anima, perseguitando l'entusiasmo con lo scetticismo, la banalità e la negatività, bocciando ogni forma d'arte e ogni sprazzo di vita.  Ladri di anime......  

 

                                    La corteccia… allucinazioni dell’anima…la corteccia dell'anima
 
Sembra tutto scontato, tutto perfetto, un corpo, uno spirito, un'anima che vigila sulla nostra coscienza e razionalità, ma dentro di noi, dopo la corteccia, ramificazioni nervose e arterie chilometriche. Organi di consumo e di nutrizione, per gestire e mantenere questa scorza porifera e trasudante. La corteccia, pelle vellutata, suadente avversa a sogni erotici e a inebrianti profumi di stampo divino, assorbe come una spugna gli odori della natura e li fa suoi. Splendida custodia di corpi avversi alla vecchiaia, riferimento organico portatore di sogni, di accoppiamenti, promotrice della dilatazione dei vasi sanguigni, generatrice di adrenalina.
 
Si pensa sempre all'esterno di un corpo, si guardano le forme, i seni, i glutei, il viso, senza mai immaginare il dentro, perverso meccanismo di annidamenti batterici buoni e cattivi, di fluttuazioni sanguigne. Tutto fa' parte di questa splendida macchina, creata da microrganismi mobili, fluttuanti e pulsanti, questo è il nostro corpo. Dietro a questo, un immagazzinare tutto ciò che si vede, si sente, si tocca, si annusa. Ricordi immenso elaboratore sensoriale di percezioni e sensazioni, costruito per che dentro di noi rimarranno per il resto della vita, anche se il metabolismo è in continua evoluzione. Un oceano dalla calma superficie, ma dalle tempestive e burrascose profondità nere. Forze misteriose governano questa bella natura. Sfumature di perfezione che rasentano la creazione dell'universo e per sinonimo Dio, in eterogenee alterazioni della nostra massa corporea.
 
Braccia come rami di alberi secolari, gambe... radici affondate tra asfalti di nuovi panorami cangianti, confini in evoluzione, anima in riscossa tra il credo e amore, tutto in un corpo. Un tutt'uno tra materia ed anima che si espande cercando nuovi confini. Vite immerse in storie d'amore, amori atei, a volte perversi, a volte radenti al parallelismo dell'amore che la natura riversa alla fauna e la sua flora, facendo crescere la vita ovunque un su un sasso, o in fondo all'oceano,  nel deserto, tra le ostilità dell'arido e dell'impossibile. Questa è la scommessa più grande che la nostra corteccia ha preso in carico, per dare frutti saporiti e peccaminosi. La Mela della discordia riappare, in un Paradiso di ferro e cemento, in città affollate, tra respiri di smog e cibi mondezza, un nuovo Adamo e la sua Eva, tra il serpe malvagio che si personifica tentando la persuasione al peccato del fumo dell'alcol, della droga, interponendo tra la corteccia e Dio i mali del secolo.
                                                          Il film della vitaIl film della vita
 
Come il vento, che trasporta nel suo vortice semi di ogni specie per ricreare la vita in terre sperdute, dove l’arrido governa il suolo, la Donna partorisce l’uomo, per farlo suo, insegandogli l’amore, la passione, il senso della vita. Gli farà scoprire il paradiso dopo averlo creato e partorito, facendolo rientrare dalla stessa porta che l’ha generato, chiudendo con questo il ciclo vizioso della vita.
 
Questo è il paradosso di questa realtà, esistere per gestire il credo e la fede verso il Regista cosmico, Creatore e Scrittore della trama della nostra presenza su questo pianeta. Il film della vita, prodotto e realizzato dal Dio sovrano contadino e utilizzatore di anime, per far ricorrere eventi sempre uguali. Vivere e morire facendo parte sempre della prima visione assoluta, dentro la scenografia a tempo determinato tra un’alba e un tramonto.